Nell’intervista concessa a Roberta Scorranese de Il Corriere della Sera, Pino Strabioli si racconta con una sincerità disarmante. Il volto gentile del teatro e della televisione culturale italiana, dopo 32 anni in Rai, vede il suo programma Il Caffè escluso dai palinsesti. Nessuna spiegazione ufficiale. Solo amarezza, incredulità e una pioggia di affetto da parte del pubblico. E anche qualche veleno.
“Dicono che mi hanno fatto fuori perché sono di sinistra e omosessuale”, confida Strabioli, sottolineando come sui social si sia scatenato un piccolo inferno. Ma accanto agli odiatori c’è stata anche una “straordinaria ondata di sostegno”, che gli ha confermato quanto Il Caffè fosse importante: un programma dedicato ai libri, dai costi irrisori e dagli ascolti più che dignitosi. “Senza ospiti a pagamento”, precisa. Eppure, oggi è fuori.
In un panorama televisivo sempre più inquinato da talk urlati e intrattenimento usa-e-getta, Strabioli rappresentava un’oasi di garbo e contenuti. I suoi dialoghi con autori, attori, intellettuali – spesso avvolti da toni lievi, mai aggressivi – sono diventati piccoli archivi di memoria culturale. Ma la Rai, quella che Strabioli chiama ancora “casa”, sembra voltare pagina.
Nonostante l’amarezza, Strabioli non cede alla polemica. “Non amo lo scontro”, dice, ribadendo più volte il suo legame profondo con il servizio pubblico. Eppure, la delusione traspare. Non tanto per sé, quanto per il significato che ha perso uno spazio dedicato ai libri in un contesto che ne ha sempre più bisogno.
L’intervista è anche un ritratto intimo, doloroso e ironico. Strabioli racconta l’incontro con Sandra Milo, “mi ricevette a letto, in vestaglia, ripassandosi il rossetto”, e quello con Aldo Busi, che lo liquidò con sarcasmo. Ma anche i suoi dolori più profondi: la paura nata con l’Aids, le relazioni cerebrali, l’erotismo frenato. “Forse ho sempre vissuto le passioni per delega”, dice. Poi ci sono le guide luminose: Paolo Poli, il faro (“solo Dante mi capisce”), Franca Valeri, Gigi Proietti, Raffaella Carrà, Ornella Vanoni. Da ciascuno ha imparato qualcosa. “Non sono solo quello di Unomattina”, rivendica con orgoglio, ricordando il lavoro fatto per costruire una “memoria storica” in Rai.
Forse sì. Forse in un’epoca dove tutto deve essere immediato, virale, polemico, uno come Strabioli – colto, discreto, ironico – è fuori tempo. Ma proprio per questo, necessario. “Non voglio contratti d’oro”, dice. “Voglio solo uno spazio dove poter esprimere quello che sono”.
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