Subito dopo la finale mondiale vinta dall’Italia contro la Bulgaria, la sua commozione in mondovisione ha fatto il giro del mondo. Ma chi è davvero Simone Giannelli, il capitano della Nazionale di pallavolo maschile che a 29 anni ha già scritto pagine di storia sportiva? Famiglia Cristiana lo ha incontrato per parlare di sport, responsabilità e vita oltre il campo.
Quando gli si chiede del suo palleggiatore, il ct Ferdinando De Giorgi risponde con gratitudine: «Una fortuna che sia nato in Italia», e aggiunge: «Alla tecnica unisce fisicità e visione di squadra».
Nato a Bolzano, figlio di un istruttore di tennis e di una dentista appassionata di sci, Giannelli ha provato diversi sport prima di scegliere la pallavolo.
«Il tennis era lo sport che mi piaceva, lo sci quello che mi riusciva meglio. Ma con la pallavolo è stato amore immediato: fin dai primi allenamenti mi ha conquistato il fatto che devi sempre passare la palla e dipendere dagli altri. Ho scelto perché non volevo giocare da solo».
Palleggiatore e capitano, Giannelli non teme il peso delle responsabilità.
«È un ruolo complicato, spesso giudicato. Se l’attaccante non segna, la colpa cade sul palleggiatore. Ma mi piace stare lì in mezzo: non cerco la vetrina, voglio che la mia squadra produca bel gioco e che i miei compagni mettano giù la palla».
Alla Nazionale e alla Sir Safety Perugia, Giannelli veste i gradi di leader.
«Capitano non si nasce, lo si diventa. È una responsabilità che va oltre alzare i trofei: devi unire il gruppo, affrontare i problemi, trasformare i conflitti in crescita. Devi essere il primo a metterci la faccia».
Il palleggiatore azzurro racconta anche un episodio di vita di squadra:
«Quando De Giorgi, dopo la sconfitta in finale alla Vnl, ha ammesso un errore e chiesto scusa, ci ha insegnato che tutti possiamo sbagliare. È un messaggio di grande forza e umiltà».
Pluripremiato a livello internazionale, Giannelli confessa di non percepire ancora lo sport come un mestiere:
«Per me la pallavolo è ancora gioco e gioia. Non avrei mai immaginato di arrivare fin qui. Certo, vincere la Champions League con Perugia è stata felicità pura».
Fuori dal campo, però, coltiva altre passioni:
«Studio scienze dell’alimentazione e mi sto dedicando all’agricoltura. Sto realizzando un agriturismo in Umbria con la mia famiglia: produciamo olio e vogliamo creare un luogo che ci riunisca, immerso nella serenità dei dintorni di Assisi».
E quando si parla di vita, Simone è chiaro:
«Essere una brava persona in ogni sfaccettatura. Può sembrare banale, ma è la cosa più importante dal punto di vista sociale, etico e umano».
A 29 anni, con lo sguardo da eterno ragazzo e la maturità di un leader, Simone Giannelli rappresenta non solo l’eccellenza sportiva, ma anche un esempio di equilibrio tra ambizione e valori.
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