Dopo quattro anni dalla fallita Superlega, il progetto di riforma della Champions League torna a far discutere. L’obiettivo è ambizioso – e controverso: cambiare radicalmente la massima competizione europea e ingigantirne il formato – ma potrebbe mettere a rischio Serie A e altri campionati nazionali. Al centro della vicenda ci sono UEFA ed ECA, l’associazione dei club europei.
Nel 2021, l’iniziativa di Florentino Pérez per creare una Superlega esclusiva – riservata a pochi club d’élite – fu interrotta praticamente in culla. Oggi, a distanza di quattro anni, le idee di quei top club tornano a farsi sentire. La società A22, con sede a Madrid e erede delle ambizioni della Superlega, ha avviato un dialogo con la UEFA per ridisegnare la Champions League, questa volta in maniera più “costruttiva”.
L’ECA, guidata da Nasser Al-Khelaifi e con oltre 750 club affiliati (29 dei quali italiani), è diventata un interlocutore chiave. Nato per tutelare gli interessi dei club europei, l’associazione sembra oggi orientata soprattutto verso le esigenze dei top team. Essendo finanziata dalla UEFA, fatica però a essere completamente indipendente.
Il presidente della Lega Serie A, Ezio Simonelli, ha sottolineato l’importanza di evitare conflitti tra interessi dei club e delle leghe, ricordando il ruolo di coordinamento svolto da Luigi De Siervo.
Secondo indiscrezioni, UEFA e A22 stanno progettando un format che entrerà in vigore dal 2027, al termine dell’attuale contratto televisivo. Le 36 squadre attuali sarebbero divise in due fasce da 18: le prime 8 della fascia con ranking UEFA più alto si qualificherebbero direttamente agli ottavi di finale.
Un’altra novità riguarda i diritti televisivi: la Champions non sarebbe più trasmessa dai broadcaster tradizionali, ma tramite Unify, una piattaforma streaming dedicata. Questo comporterebbe costi inferiori per gli spettatori e maggiori ricavi pubblicitari, ma metterebbe a rischio il modello economico dei campionati nazionali.
Se il nuovo modello venisse approvato, le leghe domestiche rischierebbero un progressivo impoverimento, con una forbice sempre più ampia tra pochi grandi club partecipanti alla Champions e le squadre escluse. Questo potrebbe alterare l’equilibrio competitivo dei campionati e ridurre la rilevanza sportiva delle leghe nazionali.
A sostegno delle leghe europee, il Parlamento europeo ha recentemente approvato una risoluzione sul “ruolo delle politiche dell’UE nel rafforzamento del modello sportivo europeo”, ribadendo l’opposizione a progetti di secessione come la Superlega e a iniziative che privilegiano il profitto di pochi rispetto alla competizione aperta.
L’Associazione delle Leghe Europee ha accolto con favore il voto, sottolineando i valori di equità, merito sportivo e solidarietà, che costituiscono la base del calcio nazionale. Anche il presidente UEFA, Aleksander Ceferin, ha commentato:
“L’Europa difende il suo modello calcistico, che è al servizio della società nel suo complesso e non solo del profitto di pochi.”
Resta però da vedere se, oltre alle parole, arriveranno decisioni concrete capaci di salvaguardare il calcio di tutti i club europei e non solo dei top team.
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