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L’allenatore dell’Inter, Christian Chivu, replica alle critiche di Antonio Conte, sottolineando la sua indifferenza alle polemiche e l’entusiasmo per il lavoro con la squadra.
Paul Scholes, 50 anni, icona del Manchester United e simbolo del calcio inglese, ha deciso di abbandonare la sua attività di commentatore televisivo per dedicarsi completamente al figlio Aiden, affetto da autismo non verbale. La notizia è emersa in un’intervista toccante nel podcast Stick To Football, in cui l’ex centrocampista ha raccontato con sincerità la sua quotidianità e le sfide che affronta come padre.
Scholes, che dal ritiro nel 2013 aveva collaborato regolarmente con varie emittenti britanniche, non è più apparso nelle trasmissioni di TNT Sports da inizio stagione. La sua ultima presenza risale alla finale di Europa League dello scorso anno tra Manchester United e Tottenham. “Ho preso questa decisione quest’anno per Aiden, a causa delle sue necessità speciali. Richiede molta attenzione, e sento che è giusto essere presente”, ha spiegato durante la conversazione con i suoi ex compagni Gary Neville e Roy Keane.
Aiden, oggi ventenne, ha bisogno di assistenza continua, 24 ore su 24. Scholes e la sua ex moglie Claire — da cui si è separato nel 2020 dopo 27 anni di matrimonio — si alternano nella cura del figlio, mantenendo una routine stabile che lo aiuta a orientarsi nel tempo. “È fondamentale che sappia sempre che giorno è e cosa succede: la prevedibilità lo calma”, ha raccontato l’ex giocatore.
Scholes ha ricordato il momento in cui ricevette la diagnosi, quando Aiden aveva appena due anni e mezzo: “Non avevo mai sentito parlare di autismo prima. Mi ci è voluto molto per accettarlo, e per un po’ non ne ho parlato con nessuno, nemmeno con l’allenatore.”
Nel podcast, l’ex centrocampista ha rievocato anche un episodio risalente ai suoi anni da calciatore: “La prima partita dopo aver saputo della diagnosi fu contro il Derby County, in trasferta. Non volevo giocare. Sir Alex Ferguson mi escluse dall’incontro successivo, ma io non dissi nulla. Mi ci vollero settimane per parlarne.”
Oggi, la sua preoccupazione principale è il futuro: “Con il passare degli anni, penso spesso a cosa accadrà quando io non ci sarò più. È la mia più grande angoscia.”
Dietro la riservatezza che lo ha sempre contraddistinto, Scholes mostra ora un lato intimo e vulnerabile, ma anche profondamente umano. La sua scelta di lasciare il mondo dei riflettori per stare accanto al figlio è un gesto di silenziosa forza, lontano dalla retorica ma ricco di significato: quello di un padre che, dopo una carriera costellata di trofei, trova la sua più grande sfida — e vittoria — nella dedizione quotidiana alla famiglia.
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