Lobotka su Conte: “Riposo? Solo a maggio 2026” e il racconto degli allenamenti con il tecnico

Stanislav Lobotka racconta con ironia e sincerità il suo rapporto con Antonio Conte, sottolineando la disciplina e la mentalità richiesta dal tecnico del Napoli. Il centrocampista slovacco parla anche del suo recupero dall'infortunio e delle lezioni apprese durante gli allenamenti.

Stanislav Lobotka ha parlato del suo rapporto con Antonio Conte dal ritiro della nazionale slovacca, intervenendo al podcast Iná liga insieme a Patrik Hrosovsky. Il centrocampista del Napoli ha usato toni ironici per descrivere la disciplina richiesta dal tecnico, soffermandosi anche sul suo recente infortunio e sui metodi di lavoro dell’allenatore.

Conte e la disciplina secondo Lobotka 

Durante l’intervista, a Lobotka è stato chiesto se, durante il suo recente infortunio, Conte gli avesse concesso qualche giorno di riposo. Il centrocampista ha risposto scherzando: “Riposo? Con Conte il prossimo giorno libero sarà a maggio 2026, quando giocheremo l’ultima partita della stagione! Se fosse per lui, andremmo in vacanza con lui. Conte è uno che vuole disciplina, vuole che tutti abbiano la sua mentalità. Non è facile: quando hai 25 giocatori in rosa, non tutti possono avere la stessa testa, ma l’importante è che ognuno voglia vincere, ed è questo che conta per lui”.

Il recupero dall’infortunio e la voglia di tornare in campo 

Lobotka ha parlato anche del suo stato fisico dopo l’infortunio, aggiungendo: “Forse se si fosse infortunato anche il terzino destro, mi sarei ricordato di quando Ivan Galád, ai tempi dell’Under 21, mi mise proprio lì. Gli dissi che potevo anche giocare terzino destro! Va meglio, anche in allenamento e in partita non ho sentito dolore. Quando però non giochi per un mese, è normale risentirne fisicamente: ho sentito le gambe pesanti, ma il muscolo ha tenuto e non ho avuto problemi all’inguine. Sono contento di questo”.

Lezioni e metodi di Conte 

Lobotka ha raccontato le differenze tra i vari allenatori avuti in carriera, soffermandosi su Conte: “Quando ero più giovane, a volte non mi comportavo come avrei dovuto. In Spagna, però, ho imparato molto: lì è tutto diverso, c’è una mentalità differente. E poi, al Napoli, la pressione è ancora più grande. Ma Conte… Conte è diverso da tutti. Da tutti gli allenatori che ho avuto finora. È davvero unico — in quello che chiede, in come prepara le partite, in come analizza ogni dettaglio e in come riesce a farti capire che vuole tutto da te. E quando dico ‘tutto’, intendo proprio tutto. A volte ti sembra di essere tornato a scuola: ti spiega ogni cosa nei minimi particolari e poi te la fa ripetere in campo, finché non la esegui esattamente come vuole lui. E se non lo fai, non alza la voce, non ti punisce: semplicemente si ferma, ti guarda e dice con calma: ‘Non va bene.’ E tu capisci che devi rifarlo, finché non è soddisfatto. È così per tutto: tattica, corsa, posizione, persino nel modo in cui comunichiamo tra di noi. Per lui non basta correre: devi correre con un senso, sapere esattamente perché lo stai facendo. Questa è una delle lezioni più grandi che ho imparato da lui: ogni metro che percorri in campo deve avere uno scopo. Non puoi muoverti solo per coprire spazio — ogni movimento deve essere funzionale. Ecco perché i suoi allenamenti sono così duri: non è solo una fatica fisica, ma anche mentale. Ti svuotano completamente, ma allo stesso tempo ti costruiscono. Conte vuole che tutti siano pronti a cambiare in qualsiasi momento, perché durante una partita può modificare il sistema di gioco tre o quattro volte. Devi essere pronto, sapere dove andare, come muoverti, come reagire se l’avversario cambia qualcosa. E se qualcuno non lo sa, lui se ne accorge subito. Ma quando tutto funziona, senti che la squadra diventa una macchina perfetta. In quei momenti è un piacere giocare. Lavorare con lui non è facile, ma quello che impari da Conte… nessun altro te lo può insegnare”.

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