Italia, Spalletti: “Non voglio allenare i miei alibi, dobbiamo dimostrare di essere un gruppo tosto”

Il commissario tecnico della Nazionale Italiana Luciano Spalletti ha parlato in conferenza stampa nel suo secondo raduno al comando della panchina azzurra
Luciano Spalletti (Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Il commissario tecnico della Nazionale Italiana Luciano Spalletti ha parlato in conferenza stampa nel suo secondo raduno al comando della panchina azzurra. Dopo il pareggio contro la Nord Macedonia e la vittoria contro l’Ucraina, l’Italia si ritrova a Coverciano per preparare le sfide contro Malta (14 ottobre) e Inghilterra (17 ottobre), entrambe valide per la qualificazione a Euro 2024.

Ritorna qui arricchito da quali conoscenze? Sarri s’è detto felice se i giocatori restano a Formello ad allenarsi con la Lazio
“Le considerazioni sono forzatamente influenzate da quello che è il piacere di vivere questo ruolo in questa condizione professionale. Sono tutte molto belle e positive. E’ chiaro che poi andandoci dentro uno trova anche delle complicazioni, trova anche dei problemi, però fanno un po’ parte del gioco. Quelli ci sono in tutte le professioni. Come viverci dentro dipende da me e il mio dipendere è sempre molto positivo, felice, perché poi è un po’ uno stile di vita che mi sono ritagliato per star bene dentro la tuta che indosso per sta bene giornalmente. Se poi la tuta ha questo colore e sei chiamato a indossare l’uniforme dell’Italia e una roba bellissima. Conoscenze ne ho approfondite: anche se si rimane a casa con tutta la componente abbiamo approfondito la conoscenza e il lavoro da sviluppare. Questo lavoro mi ha permesso di venire a contatto con molti dei miei colleghi, anche quelli che non conoscevo. Poterli vedere lavorare sul campo. Questo è un lavoro bellissimo, molto stimolante. Conta essere differenti e diventare migliori degli altri, le conoscenze e i rapporti, ciò che si riesce a percepire e a vedere ti a diventare migliore. Se siamo tutti uguali diventa difficile avere un ruolo importante. Devo andare tutti i giorni a impegnarmi di più per mettere più cose a disposizione dei miei calciatori. Sarri lo stimo moltissimo, ha sentimento e amore per questo sport. Quando si ama questo sport si va più alla ricerca di cose nuove da tirar fuori su cui lavorare. Ha detto una cosa corretta quando ha detto: ‘Più me ne lascia a casa, più contento sono’. Anche io quando ero allenatori di club mi ritrovato sempre con qualcuno che tornava con qualche problema, soprattutto se dovevano fare 15-16 ore di viaggio. Il commento è che noi non vogliamo rimandarli indietro peggiorati ma migliorati. Poi però la Nazionale deve stare a cuore a tutti, anche a lui. L’Italia è lì al primo posto per importante e tutti si può prendere cose dalla Nazionale per fare un calcio migliore. Il mio tentativo è quello di andare a braccetto”.

Può dirci qualcosa di più sull’assenza di Immobile e sulla presenza di Kean?
“Per Immobile c’è giunta una comunicazione dal medico della Lazio e c’è stato detto che c’era un problema di natura fisica, che non sapevano se avrebbe recuperato. Siamo andati più in profondità, era possibile che non giocasse. Ho chiamato direttamente a Martusciello e a Sarri, mi hanno risposto con grande disponibilità, poi ho chiamato il calciatore e abbiamo tutti insieme contribuito alla conclusione che era meglio per il calciatore lasciarlo a riposo perché anche lui sentiva questa necessità. Credo quindi che tutti abbiamo fatto la cosa giusta ed è rimasto a casa, poi ho visto che non ha nemmeno giocato quindi c’è stata coerenza da parte di tutti. Su Kean dico che non so qual è stato il comportamento precedente a qui: per me i miei calciatori sono creature speciali e li tratto da tali, però allo stesso tempo voglio risposte speciale. Qui non si viene a ridacchiare dietro a ciò che si fa in campo, si viene a stare sereni e a divertirsi: però è un gioco che richiede molta serietà e professionalità. Andando a fare delle ricerche perché a volta si leggono delle cose, ho letto un libro degli All Blacks che si intitola: ‘Niente teste di cazzo’. Sarà il regalo per Natale per i calciatori. Qui si fanno le cose seriamente, non abbiamo spezi differenti. Siamo disposti a creare questo sacrificio per portare a caso la pagnotta del risultato ed è il risultato a fare la differenza. Noi dobbiamo crearci tutti i vizi corretti per portare a casa il risultato. Non c’è spazio per altre cose, ma solo una attenzione totale per portare a casa il risultato perché noi dipendiamo da quello. Poi i rapporti rimarranno, a loro deve rimanere qualcosa del tempo passato qui, però poi conta il risultato. E’ come nella vita di carestia, quando c’era difficoltà a trovare la pagnotta: uguale qui, dobbiamo trovare il risultato per arrivare al giorno dopo. Dobbiamo impegnarci in profondità e totalmente per il tempo a disposizione”.

Che caratteristiche deve avere il tuo centravanti?
“In questo calcio che s’è evoluto c’è necessità di motore e scocca, ma anche tecnica. C’è da riempire lo spazio dei 95 minuti con cose che tutti devono mettere dentro. La fisicità e il motore che hai è un presupposto di partenza: potessi scegliere, lo scegliere come due centravanti che ho già qui, ovvero Kean e Scamacca. Scamacca è forse un po’ più pulito tecnicamente, come tocco di palla e qualità nello stretto. Kean è uno più fisico, più massiccio dal punto di vista d’impatto, di copertura di campo e di metri. Fa più strada. Da quando sono andato a trovare Allegri e ci ho parlato mi ha fatto una grandissima impressione. Con Allegri io non ho assolutamente nulla, anzi, mi sta molto simpatico. E Kean ha fatto vedere che può essere un calciatore che può vestire questa maglia. Poi verrò a conoscenza anche dei suoi comportamenti qui dentro e ne parlerò con lui: divento un soggetto scomodo con coloro che non hanno subito chiaro ciò che deve essere il loro comportamento qui. Raspadori ha tutte e due le cose degli altri, gli manca probabilmente un po’ d’altezza per la palla buttata perché poi molte partite si vincono sui piazzati, sui colpi di testa, quando le squadre si mettono col blocco difensivo basso. Lui ha tecnica da vendere, destro e sinistra, inventiva e imbucate, è un centravanti con altre caratteristiche può giocare anche con un altro centravanti. Per concludere, sono messo benissimo, ho tutto ciò di cui ci necessità”.

Ha chiamato Bonaventura
“L’altra volta ho fatto fatica a non chiamarlo, è un po’ il Pellegrini della situazione. E’ il centrocampista più offensivo che sa stare trequartista, sa buttarsi esterno. Ha una gestione della palla totale. Ha tiro da fuori area, gol, inserimento, ciò che ci ha fatto vedere anche ieri. L’unica cosa su cui ero titubante era l’età, ma se quelli di questa età fanno vedere queste cose bisogna portare anche lui”.

Come sta Chiesa? Zaccagni tagliato fuori?
“A sinistra c’è Kean, Raspadori, Zaniolo. Spero ci siano anche Chiesa e Zaccagni: quest’ultimo l’ho lasciato a casa perché ieri sera gli hanno fasciato la caviglia, potevo mica obbligarlo a venire? Lo riguardano loro oggi, senza fretta, perché poi tanto è lui. Probabilmente la società spera nel discorso di cui Sarri è portavoce, ma poi ci sono anche i ragazzi che vengono qui volentieri e se sta bene è chiaro che lo portiamo. Se poi è titubante, resta a casa. Perché non si vogliono qui giocatori che vengono forzati: chi vuole restare in vacanza ce lo dice e noi siamo disponibili. Non vogliamo chi non ha a cuore le sorti della Nazionale. Su Chiesa: secondo la società c’è pochissimo, secondo le conferme c’è pochissimo però poi conta lui. Ora gli si fanno vedere le ultime diagnosi, si fanno vedere il discorso del medico della Juve, poi quello della Nazionale e poi decide lui. Zaccagni può venire e Chiesa valuteremo se rimane o se va via”.

Grande turnover tra le due partite?
“Grande autostima e poco rispetto dell’avversario ci rende presuntuosi, al contrario sembriamo deboli. Abbiamo di fronte due partite difficilissime dove attraverso comportamenti ben visibili possiamo rendere e dare forza all’immagine di questa Nazionale. Noi non snobbiamo nessuno e non abbiamo difficoltà nel presentarci a Wembley contro coloro che hanno fatto il calcio per disputare la nostra partita. Cercheremo di fare una formazione che permette di avere dei calciatori in tutte e due le situazioni puliti per fare la squadra forte di cui siamo vestiti. Non si prendono decisioni a lungo termine sulla base di emozioni momentanee”.

Chiesa è il simbolo di una Nazionale che stai costruendo?
“E’ il risultato del rapporto che si deve venire a creare. Perché ci è successo al contrario un mese fa: la fiducia è fondamentale per tutto, noi vogliamo andare a sentire come la pensano e a valutare la coerenza. La Juventus non è rimasta sorpresa da questa convocazione: oggi lo abbiamo qui, abbiamo fatto accertamenti in più, grande collaborazione da parte dei medici della Juve e ora si valuta tra oggi e domani il futuro immediato”.

Le seconde squadre possono aiutare per formare nuovi giovani italiani?
“Dipende sempre dall’uso che se ne fa delle seconde squadre. Ci sono molte soluzioni che possono venire internamente, noi abbiamo l’Under 21 che abbiamo qui e quella è come una seconda squadra. Con Orsolini ho parlato dopo la partita per spiegargli il mio modo di ragionare e lui è stato carinissimo. Col modo in cui è venuto l’altra volta ha contribuito nell’essere richiamato perché poi qui ci si vuole allenare. A loro giustamente fa piacere allenarsi, ma soprattutto giocare. E se ne hai troppo che non giocano si crea un po’ troppo malessere nel viaggio dall’albergo alla squadra. Poi ci sono coloro che possono ricoprire più ruoli: Udogie ha fatto il centrocampista e può essere utilizzato anche in quel ruolo. Spinazzola l’ho lasciato a casa malvolentieri perché l’ho chiamato e mi ha risposto come speravo rispondere. ‘Per me è stata la mia vita far ricredere gli altri, mi impegnerò ancora di più’, mi ha detto”.

C’è una cosa più delle altre che le piacerebbe vedere contro Malta?
“Tutte quelle cose e considerazioni che si fanno, la totale dedizione al sacrificio e all’impegno. Il dover capire che non è la nostra felicità o quella che abita in noi la felicità vera, ma quella che riesci a far vivere alle persone a cui vuoi bene. La felicità è il pensiero di quelli che lavorano all’estero e sono partiti quando avevano 15 anni e non avevano soldi per arrivare a fine mese e ora, ogni volta che gioca la Nazionale, sono davanti al televisore e sono lì a sperare che la Nazionale vinca per sentirsi meno distanti. La felicità è quella riba lì, voglio vedere gente che in campo si sbatte con voglia. Non avrà più possibilità di esistere calcisticamente chi non assorbe questi requisiti. Poi è chiaro che la sua carriera continuerà, ma non con me. A difendere di continuo i figlioli poi li si rendono più deboli, quando si fa una cazzata si dice che s’è fatta una cazzata”.

Quanti sono i giocatori allertati?
“Gli allertati sono 5-6 giocatori. La Federazione ha avvertito la società e io ho chiamato qualche giocatore, non a tutti perché altrimenti è tutto un telefonare…”

Nessuno ha detto no?
“No”

Il 3-5-2 è possibile contro l’Inghilterra?
“Nel convocare Bastoni, Dimarco, Acerbi, Darmian si lascia questa possibilità. Fanno quel gioco dalla mattina alla sera, per cui se ci fossero dieci minuti da ultimo da fare in quella maniera ci sono le pedine giuste. Non sono bocciature le mancate convocazioni di chi c’era a settembre”.

Sul 9 il ventaglio di scelte è abbastanza ristretto, come se lo spiega? Questo campionato le piace?
“E’ un discorso ad ampio raggio. Abbiamo a disposizione 160-170 calciatori, prima ce n’erano più di 500. Ma io non voglio allenare i miei alibi, io ho le carte in regola per confrontarmi al meglio, le soluzioni sono loro. Ciò che abbiamo fatto vedere sono buone risposte, ma non sufficienti. Bisogna rispondere in maniera più forte, più comportamentale. E’ vero che nei settori giovanili si possono creare i presupposti per trovare più roba, ma queste sono regole, sono tante cose. Non penso che da qui venga determinata la fisionomia della prima punta: in un calcio europeo, di confronto col calcio straniero e mondiale, la fisicità diventa importante. Sulla Serie A, dipende da che partita guardo. Finalmente ora a calcio si gioca in undici, gioca anche il portiere. E’ vero che si fanno bischerate, ma molti gol nascono grazie alla costruzione del portiere. Il suo gioco ti dà sempre superiorità nell’uomo contro uomo”.

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