Il 3 luglio 1990, allo stadio San Paolo di Napoli, l’Italia affrontò l’Argentina nella semifinale del campionato mondiale di calcio. Gli azzurri, guidati da Azeglio Vicini, arrivavano all’incontro con un percorso impeccabile: vittorie in tutte le partite e nessun gol subito. L’Argentina, campione in carica, aveva invece avuto un cammino più travagliato, con una sconfitta iniziale contro il Camerun e una qualificazione ottenuta con difficoltà.
La scelta di disputare la semifinale a Napoli, città che aveva idolatrato Diego Armando Maradona per i successi con il Napoli, suscitò polemiche. Maradona, consapevole del legame con la città, cercò di sfruttare l’affetto dei napoletani per ottenere supporto. Tuttavia, durante l’esecuzione dell’inno argentino, parte del pubblico fischiò, provocando la reazione del Pibe de Oro, che in mondovisione pronunciò un insulto rivolto ai tifosi italiani.
La partita iniziò con l’Italia in attacco. Al 17° minuto, Totò Schillaci segnò il gol del vantaggio, approfittando di una respinta del portiere argentino Goycochea su tiro di Vialli. Tuttavia, al 68°, Claudio Caniggia pareggiò con un colpo di testa, interrompendo l’imbattibilità di Walter Zenga dopo 518 minuti. Il numero 17, minuto del gol italiano, fu visto da alcuni come un presagio negativo, data la sua associazione con la sfortuna nella cultura italiana.
Dopo i tempi supplementari senza ulteriori reti, la partita si decise ai calci di rigore. Per l’Italia segnarono Baresi, Baggio e De Agostini; per l’Argentina, Serrizuela, Burruchaga e Olarticoechea. Sul 3-3, Donadoni si fece parare il tiro da Goycochea, seguito da Maradona che segnò per l’Argentina. Aldo Serena, ultimo tiratore azzurro, si vide respingere il rigore decisivo, sancendo l’eliminazione dell’Italia e l’accesso dell’Argentina alla finale.
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