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Myles Turner invita alla calma sui rumors di cessione di Giannis Antetokounmpo, mentre i Milwaukee Bucks vivono un momento difficile tra risultati negativi e l’infortunio della loro stella.
Quando si sfida Oklahoma City senza la massima attenzione, ci si espone a una tempesta. E a Phoenix, quella tempesta ha travolto tutto. I Suns arrivavano ai quarti di finale di NBA Cup con l’illusione di poter replicare il buon confronto di due settimane fa — una sconfitta onorevole per 119-123 — ma senza Devin Booker il sogno si è trasformato in un incubo: 138-89, un divario che risuona come una sentenza.
La squadra di Shai Gilgeous-Alexander, MVP in carica, continua a muoversi come un rullo compressore: dura, precisa, impietosa. Non è una novità: già Portland, unico club capace finora di battere OKC in stagione, aveva pagato lo stesso trattamento qualche settimana più tardi con un sonoro 122-95. Una risposta feroce, quasi programmata.
A guidare l’ennesima dimostrazione di forza dei Thunder sono stati i soliti protagonisti.
SGA ha chiuso a 28 punti, morbido ed elegante come sempre, mentre Chet Holmgren ne ha aggiunti 24, facendo pesare il suo talento a tutto campo. È così che Oklahoma City ha portato il proprio mostruoso record a 24-1, una cifra che sta diventando un messaggio per il resto della lega.
La partita, in realtà, non ha avuto una vera storia:
E Phoenix? Travisata da una serata complicatissima. Dillon Brooks, spesso più protagonista per atteggiamenti che per efficacia, è stato il miglior marcatore dei suoi con appena 16 punti e un pessimo 4/16 dal campo. Un simbolo dell’impotenza collettiva.
La frustrazione si è trasformata in nervosismo verso la fine del terzo quarto. Sotto di 94-58, Grayson Allen ha steso Holmgren dopo un contatto durissimo, generando una rissa immediata. Gli arbitri lo hanno espulso con una flagrante di tipo 2, aggiungendo un altro capitolo alla lunga lista di gesti sopra le righe del giocatore.
Il gesto ha avuto un effetto contrario a quello immaginato: invece di scuotere i Suns, ha acceso ulteriormente l’arena e i Thunder, guidati da un Jalen Williams che, dopo l’espulsione di Allen, ha incitato il pubblico come per spingere la squadra a chiudere con ancora più decisione.
Oklahoma City non domina soltanto con il talento: sembra alimentarsi anche della voglia di smentire chiunque osi metterne in dubbio la supremazia. E in questa NBA Cup c’è un conto aperto da saldare con il passato recente: la finale persa un anno fa contro Milwaukee pesa ancora.
Ora la squadra di coach Daigneault è a un passo dalla storia: diventare la prima franchigia capace di essere contemporaneamente campione NBA e campione della Coppa.
Sabato la semifinale li metterà di fronte ai San Antonio Spurs, che potrebbero ritrovare Victor Wembanyama dopo l’impresa contro i Lakers di Luka Doncic. Nell’altra semifinale si sfideranno New York Knicks e Orlando Magic.
Se il cammino continuerà così, chiunque voglia fermare i Thunder dovrà prepararsi a qualcosa di più di una semplice partita: dovrà affrontare una squadra che gioca come se avesse un debito da riscuotere, ogni singola notte.
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