Fabio Cannavaro: “Italia fuori dai Mondiali? Sarebbe un’umiliazione. Rimpiango di non essere andato alla Roma con Totti”

Intervista a Fabio Cannavaro: le sue riflessioni sulla carriera, l'ammirazione per Spalletti e il rimpianto di non aver giocato con Totti alla Roma.

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera Fabio Cannavaro si racconta tra presente, passato e futuro, con il Mondiale 2026 già ben fissato all’orizzonte. L’ex capitano azzurro, oggi commissario tecnico dell’Uzbekistan, parla da Napoli e lo fa con la serenità di chi sente di essere ancora pienamente dentro il calcio.

L’Uzbekistan e il sogno Mondiale

Settemila chilometri lontano dal suo “posto del cuore”, Cannavaro porterà per la prima volta l’Uzbekistan al Mondiale. Un percorso lontano dall’Italia, dopo i successi in Cina e una carriera da allenatore che continua a cercare legittimazione nel suo Paese. «Significa che devo ancora lavorare… Forse sconto la mia storia, mi vedono più come uomo immagine che come allenatore. E così mi rimetto in gioco, come ho sempre fatto. Prima o poi…».

Città del Messico, vent’anni dopo

Il 16 giugno 2026 Cannavaro tornerà in un Mondiale, vent’anni dopo il trionfo da calciatore. Stavolta da allenatore, con uno spirito diverso ma la stessa emozione: «Emozione forte. Vincere quel Mondiale è stata l’esperienza di vita più bella che abbia mai fatto. Torno da allenatore, prima volta anche per me. Ci divertiremo, di questo sono sicuro. L’ho già detto ai miei calciatori: andiamo per imparare, senza pressioni».

Allenare è un altro mestiere

Parole che sorprendono se pronunciate da un Pallone d’Oro, ma che spiegano bene il suo approccio: «Fare l’allenatore di un club e più ancora di una Nazionale è cosa molto diversa». Un concetto che Cannavaro ribadisce spesso, consapevole delle difficoltà di un ruolo che non vive di rendita.

Il caso Udinese e l’Italia che non chiama

Due stagioni fa la salvezza lampo con l’Udinese non ha avuto seguito. Un paradosso che Cannavaro non dimentica: «Quell’impresa si rivelò un boomerang. Eppure presi la squadra che sembrava condannata alla serie B. Rifletto su questo, mi interrogo sul perché in Italia non arriva mai l’offerta giusta. Non esistono altre risposte se non quella di continuare a lavorare. Io mi butto nel fuoco».

Spalletti, Gattuso e la Nazionale

Dopo l’addio di Spalletti, una speranza c’è stata: «Chiaro che se leggi il tuo nome sui giornali qualche pensiero ti viene, e il telefono lo tieni d’occhio. Non mi ha chiamato nessuno, purtroppo!». Poi la fiducia nella scelta federale: «Alla fine credo che Gattuso sia stata la scelta giusta, lui non è solo grinta e forza, è un ct che sa di tattica, ne ha viste tante e studia, sa creare il gruppo».

L’obbligo di andare al Mondiale

Il tema è cruciale e Cannavaro non usa giri di parole: «Se non accadesse sarebbe un disastro, un’umiliazione. Non voglio neanche pensarlo. L’Italia è passata dal “uau” al “mamma mia”, ed è assurdo. Anche perché nel mondo siamo sempre considerati i migliori. Bisogna andarci assolutamente. Così poi Rino potrà mettere anche lui la gelatina ai capelli».

Errori e rimpianti

Nel suo racconto trovano spazio anche autocritica e nostalgia. Sulle scelte sbagliate: «Sì, ed è stato un errore. A volte le scelte sbagliate poi le paghi». Su quello che resta il grande rimpianto da calciatore: «Non essere andato alla Roma con Totti».

Pronostici e scaramanzie

Cannavaro si espone, ma con cautela. «Il Brasile» per il Mondiale. Per lo scudetto un sorriso e un passo indietro: «…Il Napoli, anzi no. Qui siamo scaramantici: l’Inter che poi ha la rosa più forte». In Champions: «Spero l’Arsenal».

Ex calciatori diventati allenatori

Difesa netta della nuova generazione di tecnici: «Felicissima. Ero stupito dalle critiche, soprattutto quando sentivo che Cristian non aveva esperienza… Cosa pensavano che faceva il salumiere prima? Chivu respira calcio da quando aveva cinque anni, si sta dimostrando un ottimo allenatore. Gli ex calciatori possono essere un valore aggiunto».

Il campionato e i maestri

La Serie A, secondo Cannavaro, vive un equilibrio fragile: «Non c’è una squadra che abbia continuità, in questo momento assistiamo al “chi sbaglia di più”». Sugli allenatori non ha dubbi: «Li guardo tutti, e prendo un po’ da tutti, impazzisco per Spalletti, è il più preparato. Allegri un maestro, anche di comunicazione».

I giovani tecnici e l’eredità di Gasperini

Uno sguardo al futuro passa dai colleghi più giovani: «Guardo le squadre di De Rossi, Grosso, Gilardino. Noi siamo tutti un po’ figli di Gasperini. Uomo su uomo…».

La sua Uzbekistan

Infine, la squadra che oggi lo rappresenta: «Squadra tosta, gente dura che non si arrende mai, proprio come me. Sarà difficile per tutti affrontarci». Cannavaro riparte da qui, lontano dall’Italia, ma con l’Italia sempre sullo sfondo.

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