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Il Mondiale di MotoGP fa tappa a Portimão per il penultimo appuntamento del 2025: un weekend decisivo per la corsa al podio, con gare in diretta su Sky, NOW e TV8.
Leggenda della MotoGp e due volte campione del mondo, Casey Stoner è tornato a parlare della sua carriera e del suo particolare approccio alle gare. In un’intervista rilasciata a Speedweek, l’ex pilota australiano — campione MotoGP nel 2007 con Ducati e nel 2011 con Honda — ha svelato curiosi retroscena sul suo modo di vivere la competizione e sul suo talento naturale in sella.
Stoner, oggi parte della MotoGP Legends, ha spiegato come il motociclismo non sia mai stato per lui una mania:
“Quello che facevo non è mai stato un’ossessione. Ero semplicemente bravo a fare le cose in fretta. Non mi servivano dieci giri per capire una moto, me ne bastavano due. Era un modo più efficiente di lavorare”.
L’australiano, noto per la sua sensibilità di guida e la capacità di adattarsi a ogni condizione, ha sottolineato come non avesse bisogno di lunghe sessioni di prova per ottenere il massimo:
“Facevo meno giri degli altri, ma traevò più informazioni in meno tempo. Mi concentravo sulla qualità, non sulla quantità.”
Nonostante la sua fama di pilota aggressivo, Stoner ha confessato di aver spinto davvero al limite pochissime volte:
“In tutta la mia carriera ci sono state solo tre occasioni in cui ho spinto al massimo dalla prima all’ultima curva, e in tutte e tre ho avuto fortuna a non cadere.”
L’ex campione ha ricordato anche una delle sue gare più “facili”: il GP d’Olanda del 2008 ad Assen, dominato in sella alla Ducati:
“In qualifica avevo più di un secondo di vantaggio. In gara ho corso al 60-70%, senza mai forzare, e ho vinto con 12 o 13 secondi di margine. È stata la corsa più rilassata della mia vita. Pensavo: ‘Possiamo farlo tutti i weekend?’”.
Per Stoner, l’essenza del motociclismo era la sensazione di totale controllo:
“Quando sei in pista e vai così forte senza sforzo, è una sensazione pura, quasi unica. Ti accorgi che tutto funziona: te, la moto, il team. È qualcosa che capita solo una volta nella carriera di un pilota.”
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