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La chiesa di Santa Maria la Nova a Napoli inaugura la mostra “L’arte ritrovata”, esponendo opere d’arte recuperate e restaurate, tra cui dipinti e sculture in marmo, suddivise in tre sezioni tematiche.
Il quotidiano britannico The Telegraph ha recentemente pubblicato un reportage intitolato “Disneyfication of Naples backfires”, in cui si analizza l’impatto negativo del turismo di massa sulla città partenopea. L’articolo evidenzia come l’eccessiva turistificazione stia trasformando Napoli in un “parco a tema”, minacciando l’identità del centro storico e la qualità della vita dei residenti.
Come racconta il Telegraph, Napoli vive una fase di popolarità senza precedenti: dalle serie TV ai romanzi di Ferrante, passando per l’eco eterna di Diego Maradona, la città è diventata una meta planetaria. Budget airline, social media e portali come Airbnb hanno fatto il resto. Dopo decenni di difficoltà, gli indicatori turistici sono esplosi, portando però con sé effetti collaterali sempre più difficili da ignorare.
L’aspetto più doloroso riguarda il mercato immobiliare: nel centro storico, il 68% delle famiglie vive in affitto, un’anomalia rispetto al resto d’Italia. Proprio questa fragilità ha aperto la strada a un’ondata di sfratti, ristrutturazioni lampo e conversioni in alloggi turistici. Secondo l’attivista Anna Fava, negli ultimi dieci anni i canoni sono aumentati di circa il 40%.
«È un processo di espulsione», denuncia, parlando di una “Disneyficazione” che trasforma quartieri autentici in scenografie per visitatori.
Il caso più citato dal Telegraph è quello dei Quartieri Spagnoli: le strade tappezzate di murales di Maradona, oggi un rito per chi approda in città, non rappresentano una tradizione secolare come molti credono. «Sono diventati un luogo di pellegrinaggio costruito per i turisti», spiega Fava, sottolineando quanto il culto visivo del campione argentino stia alimentando un immaginario spendibile commercialmente più che culturalmente.
Il quotidiano inglese osserva anche un fenomeno meno visibile ma altrettanto preoccupante: clan locali, attratti dalla redditività degli affitti brevi, avrebbero investito nell’acquisto di immobili da riconvertire in strutture turistiche. Un settore legale, molto meno rischioso e altrettanto remunerativo rispetto ad attività criminali tradizionali.
In aree come il Rione Sanità o Spaccanapoli, storiche ferramenta, botteghe artigiane e rivendite tradizionali si vedono sostituite da negozi fotocopia che vendono calamite, statuine e bibite fluorescenti. Molti residenti vivono questo cambiamento come uno strappo alla propria identità.
Per il sociologo Francesco Calicchia, intervistato nell’inchiesta, «il centro storico è perduto». Un giudizio estremo che riflette la sensazione di molti abitanti: il tessuto sociale su cui Napoli ha costruito il suo mito sta diventando fragile, persino evanescente.
Il Comune dichiara di monitorare la situazione e di voler destinare parte degli alloggi pubblici ai residenti più vulnerabili. Nel frattempo, cresce il fronte di chi chiede limiti netti agli affitti brevi, sull’esempio di città come Amsterdam o Barcellona.
Una proposta, rilanciata anche da un consigliere napoletano, prevede un ticket d’ingresso — un “modello Venezia” applicato nei periodi di massimo afflusso — per evitare che le strade vengano paralizzate.
Non tutti, ovviamente, sono contrari al boom turistico. Taxisti, ristoratori, gestori di B&B e molti piccoli imprenditori vedono in questa espansione un’occasione irrinunciabile, specie in una città che ha perso quasi tutta la sua industria. Ma gli esperti citati dal Telegraph avvertono: basare l’economia su un solo motore può diventare un azzardo.
E c’è chi teme che il peggio debba ancora venire: Napoli ospiterà l’America’s Cup, un evento destinato ad aumentare la pressione sul mercato immobiliare e sulla vivibilità dei quartieri centrali.
La città rimane divisa tra entusiasmo e timore. Napoli ha saputo trasformarsi, reinventarsi e rinascere più volte nel corso della sua storia. Ma oggi affronta una sfida nuova: continuare a sedurre il mondo senza perdere se stessa.
Il Telegraph conclude con un interrogativo che rimbalza nelle strade del centro: come si conserva l’anima di un luogo quando il mondo intero vuole abitarla, fotografarla, consumarla?
Una domanda che Napoli dovrà affrontare presto, prima che il suo cuore antico smetta di riconoscersi.
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