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La staffetta 4×100 maschile italiana è stata eliminata dalle finali dei Mondiali di Atletica a Tokyo a causa di un contatto tra Marcell Jacobs e un atleta sudafricano durante la seconda frazione.
Tokyo ha consegnato all’Italia un nuovo campione. Mattia Furlani, vent’anni appena, ha vinto l’oro mondiale nel salto in lungo con un balzo da 8,39 metri che lo proietta tra i grandi della disciplina. Una notte di emozioni, messaggi e poco sonno: «Ero bello stanco, appena ho toccato il letto sono svenuto», ha raccontato nel corso di un’intervista al Corriere della Sera. Il ragazzo volante, che già aveva conquistato il titolo iridato indoor a Nanchino, ora si ritrova al centro della scena globale. Le sue parole raccontano lo stupore e la maturità di chi sta vivendo un’ascesa rapidissima: «Sul podio ho visto mamma nel pubblico e mi sono commosso. Ho pensato al nostro percorso insieme, a questa stagione: due ori mondiali, al chiuso a Nanchino e all’aperto a Tokyo, sono tanta roba. Ma questa medaglia pesa di più».
Furlani ha battuto anche un record di precocità: nessuno, neppure Carl Lewis, era diventato campione del mondo a soli vent’anni. «Lewis è sempre stato un punto di riferimento, spero di avvicinarmi a lui come medaglie e risultati. Datemi spazio, ho solo vent’anni. Ho bisogno dei miei tempi. Oggi pensare al record del mondo mi sembra un’utopia».
La leggerezza che lo ha reso unico finora non basta per inseguire misure storiche. «Lavoro per migliorare: tra gli obiettivi c’è anche irrobustirmi, passo dopo passo. Sono giovane, nei prossimi sei anni cambieranno un sacco di cose. Non bisogna avere fretta: sto imparando a essere paziente».
Il romano non si nasconde dietro la timidezza: ammira i miti e sogna di seguirne le orme. «Per me il giamaicano Gayle è un mito. Ma soprattutto ho la possibilità di avere un rapporto con Marcell Jacobs, e di confrontarmi con lui. Ci siamo sentiti, mi ha detto che correrà la staffetta».
E quando gli si chiede come si definirebbe, risponde sorridendo: «Io sono Spiderman».
Al di là dei riflettori, Mattia resta un ragazzo della sua età, con passioni semplici e immediate. «Infatti non vedo l’ora di trovare un playground per giocare a basket tre contro tre, impugnare la Playstation e ascoltare un po’ di trap coreana. Ho anche voglia di mettere i denti in un buon supplì. Al di fuori di Roma non li conosce nessuno, ed è un peccato».
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