Napoli: il patrimonio delle chiese tra storia, abbandono e prospettive future

Un'analisi sul numero delle chiese a Napoli, il loro stato attuale e le iniziative per il recupero.

Napoli è conosciuta come la “città dalle cinquecento cupole”, un appellativo che sottolinea la straordinaria ricchezza di edifici religiosi presenti sul suo territorio. Il numero totale delle chiese si aggira intorno al migliaio, rendendo Napoli una delle città con la maggiore concentrazione di luoghi di culto in Europa.

Il numero delle chiese a Napoli

La tradizione attribuisce a Napoli il soprannome di “città dalle cinquecento cupole”, ma studi più recenti indicano che il numero totale delle chiese potrebbe essere vicino al migliaio. Questa abbondanza è il risultato di secoli di storia, durante i quali la città ha visto la costruzione di numerosi edifici sacri, a partire dal periodo paleocristiano fino all’epoca barocca e oltre. Tra le chiese più antiche si annovera la basilica di Santa Restituta, risalente al VII secolo d.C., oggi inglobata all’interno del Duomo di Napoli. 

Stato attuale e abbandono delle chiese

Nonostante l’immenso patrimonio, molte chiese napoletane versano in condizioni di abbandono. Secondo un censimento recente, nel solo centro storico, riconosciuto dall’UNESCO, esistono 203 chiese, delle quali solo 79 sono regolarmente aperte e destinate al culto o ad attività pastorali. Altre 75 risultano in totale abbandono, mentre 49 sono state trasformate per usi profani, come depositi, garage o negozi. Il soprintendente Fabrizio Vona ha dichiarato: “A Napoli abbiamo oltre 200 chiese abbandonate, è una situazione non degna di una città occidentale”. 

Iniziative per il recupero e la valorizzazione

Per affrontare il problema dell’abbandono, sono state avviate diverse iniziative. La Curia, nel 2011, ha emesso un bando denominato “Chiese da riaprire” con l’obiettivo di affidare ad associazioni il compito di restituire alla città luoghi da decenni non più accessibili. Il sindaco Gaetano Manfredi ha sottolineato l’importanza della collaborazione con il Terzo settore, cooperative giovanili e organizzazioni per garantire attività continuative in questi spazi, affermando: “Questo è il modo migliore per aprirle, per proteggerle e per tutelarle”. 

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